martedì 22 marzo 2011

FABRIZIO GIRALDI: INTERVISTA A UN DIVORATORE DELLA VISIONE, di Lorenza Orlando

L.O: Sono circa otto mesi che dobbiamo fare questa intervista e non ci riusciamo ... hai lavorato molto nell'ultimo anno?

F.G: Troppi mesi per rispondere a qualche domanda! Il 2010 è stato clemente, ho fatto più di quanto mi aspettassi, mi sono spostato molto per lavoro anche in paesi che non speravo, vedi Giappone e nell’ultimo periodo India, portando a casa molto materiale, e molto materiale per me vuol dire molto esercizio.


Conosci nella rivista FOAM la rubrica "on my mind": viene chiesto a vari curatori, galleristi, direttori di agenzia, editori di descrivere la fotografia che hanno più spesso avuto in mente nell'ultimo periodo. La rivolgo a te.

FOAM, rivista che ammiro moltissimo per i suoi contenuti e per la cura che dimostrano nell’accostare immagine e grafica, quindi come potrai capire da questa introduzione conosco la rubrica ‘on my mind'.
Gyorgy Kepes dedicò un libro alla “grammatica e sintassi della visione”, cito questa frase perchè sono un grande ‘divoratore della visione’, oltre a guardare ed editare le mie immagini analizzo quotidianamente quelle degli altri per sviluppare una sorta di critica visiva, per essere severo con i miei lavori e capire l’immagine contemporanea.
Ciononostante però spesso le immagini più ricorrenti nella mia mente sono quelle dei quadri ottocenteschi, dove composizione, luci e forme sono così ben pensate e calibrate che non serve la penna rossa per evidenziare l’errore.. non c’è!




Quali magazine di fotografia leggi? Quali ti piacciono? Quando li leggi?

Non sono un gran lettore ma amo ‘leggere’ immagini, quindi da ogni luogo che visito porto via con me magazine fotografici, li ritengo uno sguardo più ampio sul mondo dell’immagine a differenza dei libri monografici.
Nelle cassette di frutta che uso come libreria, puoi trovare FOAM, DU, PRIVATE, RVM, OJODEPEZ, FOTO8 e numerosi magazine che spesso guardo nei momenti di calma. Gli dedico il tempo dovuto, magari con un bicchiere di vino e discutendone con qualcuno.


E on line, come ti informi? Cosa guardi?

Web, lo ritengo il cantastorie contemporaneo ed è il mio primo strumento di lavoro per trovare notizie, che poi a tavolino studio e valuto se possano funzionare come concept di reportage, o mi aiuta a capire se le news che ho trovato sono già state documentate.
Ritengo che in questo periodo dove i giornali si sfogliano e si riempiono sempre di più di pubblicità una soluzione giusta sia quella di proporre riviste in formato pdf, ti porto l’esempio di PUNCTUM o FOAM.


Per quali pubblicazioni vorresti tanto lavorare e per quali hai lavorato con grande soddisfazione?
E per quale pubblicazione web ?


Ho lavorato per diverse testate, ma apprezzo moltissimo quelle che hanno una buona gestione dell’impaginato e non hanno bisogno di tagliare le immagini per esigenze di griglia. Trovo assurdo che la composizione fotografica decisa dall’autore sia trasformata per esigenze editoriali. Aspirazione di molti sono le grandi testate come il Newsweek o il Time, irraggiungibili e lontane dalle cose che ho prodotto e che produco. Francamente penso di parlare a nome di un gran numero di fotografi dicendo che la speranza sia di pubblicare i lavori fatti che non hanno mai trovato spazio perchè lavori scomodi, storie di sfigati o storie troppo di nicchia.
Credo che il web oggi sia una buona vetrina per farsi conoscere, ma per ora non ho fatto proposte ancora a nessun web magazine; mi piacerebbe confrontarmi con chi lo fa.


Anche fare una foto per 'Voices from Italy' è un assignment.
Quali sono le differenze nel processo di lavoro, dalla richiesta alla consegna... del tuo
ultimo assignment, ad esempio, e del lavoro che svolgi per 'Voices from Italy'?


'Voices from Italy' ritengo sia una di queste vetrine, un bel progetto al quale (anche se con ritardi) ho preso parte. Ogni richiesta/assignment strutturata in diversi temi era stimolante e obbligava a fermarsi cercando di capire quale immagine poteva rappresentare la mia regione.


Le immagini che hai dato, sembrano le risposte perfette a delle domande a trabocchetto. I temi People, Habitat, Landscape, Common Place per testimoniare la personalità di uno spazio geografico sono molto ampi....

Calza bene la parola personalità, ti dirò che spesso mi sono interrogato, penso come gli altri, su come potevo tradurre in immagine una parola, le prime tre erano facili ma Common Place e Miracolo Italiano erano ostacoli, sfide che ho affrontato non lavorando sul territorio ma sul mio archivio che avevo dietro con me in India.


Quando voices era on line con solo un tema, non riuscivo a cogliere la personalità  della regione e del fotografo.
Ora (dicembre 2010) con 5 immagini , anche la singola immagine prende più  significato...il filo rosso (della regione di provenienza) inizia come a raccontare una storia.


Qualche anno fa ho fotografato Maria Lai, un’artista sarda. Mi raccontava di un’installazione che da giovane aveva fatto nel suo paese, un filo che correva di casa in casa unendo gente, luoghi, spazi, per creare un momento, un ricordo. Mi piace pensare che voices ci abbia chiesto di fare la stessa cosa, toccava ad ognuno di noi tendere il filo rosso per definire un’identità.




Il lavoro di fotografo necessita di una grande dose di improvvisazione. E come in ogni disciplina, la migliore improvvisazione deve anche basarsi su grande tecnica e su regole e schemi. Vuoi svelarci alcune delle tue regole o schemi?

Improvvisazione! Preferisco pensare all’unione di corpo anima e mente, questo è uno dei principi del karate e credo valga anche in fotografia. Ho adottato come regola un insegnamento datomi da una persona che oggi non c’è più, impara la tecnica e poi dimenticala per essere libero di esprimere te stesso!




Mi è capitato di stampare una tua immagine per una collettiva di Luz e ero felice di trovare un file a 16 bit. La definizione del tuo file era ottima e anche la lavorazione. Tieni tutti i file a 16 bit? Da quando e perché?

Ho molta cura del mio archivio, questa è un’altra regola che mi sono dato quando ho deciso che la fotografia sarebbe stato il mio lavoro. Oggi non scendo più in cantina a stampare, ma ho imparato ad utilizzare credo, nel migliore dei modi, i programmi che abbiamo a disposizione per gestire questi 01 impalpabili, quindi traggo vantaggio anche dei 16 bit.
Ho avuto molti maestri che nel tempo hanno ‘ceduto’ il loro sapere ad un giovane che credeva e tuttora crede in quello che sta facendo, c’è stato chi mi ha insegnato anche questo!

Lorenza Orlando, responsabile The Photographers' room

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